Dico la mia #1: Grand Theft Auto

Se credete che Grand Theft Auto sia solo un videogioco violento vi sbagliate. Grand Theft Auto è un videogioco violento. E profondo.

La pioggia di critiche che circonda ogni capitolo della serie è impressionante tanto quanto il numero di copie che il titolo macina ogni volta. 125 milioni di copie vendute nel mondo in 15 anni, introiti superiori ai grandi kolossal hollywoodiani, recensioni entusiaste per ogni singolo capitolo. Rockstar, la software house che si occupa di questo e di molti altri capolavori videoludici, non sbaglia mai un colpo. Tutti i giochi Rockstar sono caratterizzati dall’essere decisamente maturi, sia nella trama che nei contenuti prettamente giocabili, dall’affrontare temi molto crudi, spinti e spesso fortemente unpolitically correct. Questo è ciò che porta immancabilmente una parte dell’opinione pubblica e dei media a sparare a zero su questo o quell’altro titolo.

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Perchè, tuttavia, il mondo del cinema si trova a suo agio con gli stessi temi e naviga tranquillo, traghettando indisturbato le pellicole dal set alle sale, senza subire persecuzioni? Il motivo è a mio avviso molto semplice: il videogioco ancora non ha subito quel processo di assimilazione che cinema, letteratura e musica hanno attraversato nei decenni, con più o meno convizione e successo. Il videogioco non è ancora considerato una forma d’arte e di intrattenimento al pari dei film, nè tanto meno dei libri, bensì è relegato al ruolo di futile passatempo per bambini e probabilmente servirà dell’altro tempo perchè il mondo si convinca che ormai una buona fetta dei giochi in circolazione raggiunge un livello artistico altissimo.

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Ma tornando nello specifico: perchè GTA è un gioco dal successo planetario? Il fatto che si possa fare “quello che si vuole” nel gioco non è sufficiente a spiegare l’importanza che ha raggiunto il fenomeno GTA negli anni. È ridicolo pensare che tutto il successo del titolo risieda nel poter andare a puttane per poi picchiarle e riprendersi i soldi (con gli interessi), oppure nel poter scatenare l’inferno tra le strade con la SWAT alle calcagna, per fare due esempi classici. Non può essere la libertà d’azione l’unico motivo per il quale GTA è con tutta probabilità il gioco più amato della storia, anzitutto perchè nel tempo sono nate tante serie dal concept simile, talvolta con elementi aggiuntivi, come per esempio la serie di Saints Row, ormai giunta al quarto capitolo. Proprio Saints Row esaspera la componente meno raffinata, più “caciarona” e fancazzista di Grand Theft Auto, portando all’ennesima potenza il concetto di libertà d’azione, di sandbox videoludico.

Difatti GTA non è solo questo, ma vanta una cura maniacale in tutti i suoi altri ingredienti, partendo dalla trama, per passare alla caratterizzazione delle città, alla satira pungente, al doppiaggio, per finire con la psicologia dei personaggi.

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Esiste certamente una parte dei giocatori che compra GTA semplicemente per la sua vena più superficiale, senza gettare l’occhio al di là delle texture. È una fetta d’utenza che, tendenzialmente, si comporta allo stesso modo per ogni titolo acquistato: predilige il divertimento duro e puro, senza premurarsi che il titolo abbia o meno degli spunti più alti, oltre la semplice grafica. Ma chi tra gli appassionati sa vedere il videogioco non solo come fine a se stesso non può non apprezzare la cura di Rockstar per i dettagli, la maniacale attenzione riposta in ogni più piccola sfaccettatura di contorno. Sia chiaro: Rockstar può dirsi maestra anche nel mero sviluppo di codice. I suoi titoli vantano sempre un comparto tecnico più che al passo coi tempi, spesso avanti, che riesce a stupire in ogni sua incarnazione. Tutto questo perde però d’importanza di fronte alla complessità di ciò che sopra l’apparato tecnico viene innalzato.

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La ricostruzione delle città americane (e non solo) che fanno da scenario ai vari episodi è frutto di lunghi soggiorni, studi e planimetrie, ma anche di una profonda conoscenza del territorio, fatta sul campo. Basti ricordare che gli sviluppatori sono per la maggior parte scozzesi e non di New York, Los Angeles, Miami (Liberty City, Los Santos e Vice City, nel gioco) giusto per fare qualche esempio di ambientazione, eppure forse GTA è il videogioco che più riesce a trasmettere l’atmosfera e il peso del sogno americano e di tutto quello che si porta dietro.

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La trama degli episodi è curata primariamente dal laureato Oxfordiano Dan Houser, fratello di Sam, l’ideatore della saga. I temi da lui affrontati sono crudi e realistici, solo a un occhio meno attento (e con qualche pregiudizio) pretesti per uno “spara spara”. Nel quinto capitolo della saga, per esempio, l’intero mondo di gioco sarà ambientato nel presente, in piena crisi economica e saranno tanti i particolari a ricordarlo: i numerosi senzatetto per le strade, le molte proprietà in vendita, la necessità dei protagonisti di tornare a doversi procurare soldi in modo losco…Il tutto contrapposto all’apparente spensieratezza della tipica vita da spiaggia losangelina, sul lungomare di Venice Beach (Vespuccci Beach, nel gioco).

I dialoghi sembrano uscire dai migliori film, anche nella loro grettezza, tanto che in GTA V molti personaggi sono stati doppiati da veri gangster, alcuni dei quali da poco usciti di prigione.

Se tutto questo non bastasse, Rockstar non ha rivali nell’inserire nei suoi titoli migliaia di sottili e geniali riferimenti satirici e parodistici al mondo reale, sia per quanto riguarda alcuni personaggi, sia per i marchi presenti nel gioco o per alcuni luoghi. Per fare un esempio, la Statua della Libertà presente in GTA IV, chiamata Statua della Felicità, ha nella mano destra, anzichè la fiaccola, il tipico bicchiere in stile Starbucks e nella sinistra, anzichè la dichiarazione di Indipendenza, l’incisione di questa filastrocca

Send us your brightest, your smartest, your most intelligent,
Yearning to breathe free and submit to our authority,
Watch us trick them into wiping rich people’s asses,
While we convince them it’s a land of opportunity.

JULY IV
MDCCLXXVI

(Mandateci le persone più brillanti, più dotate e più intelligenti,
quelle che desiderano sentirsi libere e vogliono sottomettersi alla nostra autorità,
guardateci come le sfruttiamo per pulire il culo dei più ricchi,
mentre cercheremo di convincerle che è una terra di opportunità.

4 luglio 1776

[fonte:  Tom’s Hardware]

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Ma la cosa meno evidente e in assoluto più geniale è il fatto che la statua ha perso il suo tono serioso, assumendo un volto ridicolo, ma del tutto familiare…quello di Hillary Clinton! L’ex segretario di stato aveva infatti intrapreso una mezza crociata contro GTA e Rockstar, accusando il titolo di violenza gratuita e volendone vietare in qualche forma la vendita. Una vendetta esemplare da parte di Rockstar (mi scusi la pur stimabile e stimata ex first lady).

Grand Theft Auto è un universo che ogni volta supera se stesso e innalza di qualche metro l’asticella. Il resto del mondo videoludico non può che stare a guardare e prendere appunti, sempre in rincorsa.

E ora aspettiamo domani, day one per GTA V, dine di un’attesa che dura idealmente fin dall’uscita dello scorso capitolo, 5 anni fa, nella pratica fin dall’annuncio ufficiale (scontato) del quinto episodio, il 2 novembre 2011.

Si conclude una delle attese più sentite di sempre nel mondo dei videogiocatori, l’attesa di un nuovo capolavoro targato Rockstar, in barba alle critiche e le denunce collezionate negli anni e già le prime recensioni internazionali non fanno che confermare che saranno, ancora una volta, soldi ben spesi.

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Oggi come allora

Non sono sicuro che ci fossi rimasto male per il fatto che mi avevano interrotto i cartoni, ma ogni canale trasmetteva le stesse, confuse e al contempo chiarissime, immagini. Era successo davvero qualcosa di molto, troppo grosso.
Ero sul letto, a casa di mia zia. In quel periodo mia cugina era molto piccola e mia nonna si occupava di entrambi, pertanto ero ospite fisso a casa sua. Soltanto che io e mia cugina talvolta litigavamo sui cartoni animati da guardare, da qui l’abitudine di stare solo, in camera dei suoi, sul grande lettone.
Confuso da ciò che stava accadendo in TV, raggiunsi i grandi, in sala. Stesso scenario e stesso senso di vuoto. Qualcosa si era rotto sul viso di tutti.
Non ricordo perché, ma ci trasferimmo tutti da mia nonna verso sera, dall’altra parte del paese. Ci si trovava spesso lì per giocare tutti insieme tra cugini, ma stavolta era diverso. Probabilmente durante il tragitto avevo sperato che tutto fosse già tornato alla normalità e che, una volta giunto dalla nonna, potessi riprendere a guardare la TV tranquillamente, magari dimenticando tutto.
Chiaramente la realtà fu differente. Anche là mi trovai di fronte al medesimo spettacolo incomprensibile. Le notizie si accavallavano confusamente. Mia nonna diceva che era successo qualcosa anche al Campidoglio, a Roma, ma per fortuna si sbagliava. Tutti erano incollati allo schermo e io avevo paura.
Avevo paura della guerra. Che venissero a bombardare pure noi, che non avevamo fatto nulla. Ma non solo noi italiani, in generale, ma noi: io, mia nonna, gli zii, i cugini. “Cosa c’entriamo adesso noi? Perché adesso ci attaccano? Cosa abbiamo fatto di male?” mi chiedevo. Erano le domande di un bambino di 10 anni e mezzo “compiuti” il giorno prima, e che il giorno dopo avrebbe cominciato la quinta elementare, ma probabilmente erano dubbi che si erano posti e si pongono tanti altri nel mondo.
Mi veniva da piangere e lo feci di lì a poco, ma per conto mio, nascosto in bagno. Mia nonna ripeteva che ormai eravamo in guerra. Cosa sarebbe successo ora?
Pregavo. All’epoca avevo una Fede abbastanza convinta. Sempre chiuso in bagno impaurito. Chiedevo di far finire tutto quello che vedevo in TV, di far andare tutto bene, di proteggere me e le persone che avevo a cuore.
Venne poi a prendermi mio padre, tornato dal lavoro, e fui felice di vederlo e poter tornare a casa. Sull’ascensore incontrai il mio vicino di casa che commentò con mio padre “Hanno fatto un bel casino, eh?” Un bel casino.

Cosa accadde esattamente nei giorni successivi l’ho dimenticato, a parte il chiaro ricordo di quel disegno che ci fecero fare a scuola, relativo all’accaduto, per farci “sfogare”, credo. Ricordo però bene che la paura di quel giorni mi rimase dentro per un tempo infinito e, forse, ancora oggi ne porto alcune cicatrici.
Per mesi fui preso dal panico ogniqualvolta sentivo passare un aereo sopra la mia testa. Ero certo che in un attimo sarebbe precipitato, che avrebbe distrutto i palazzi attorno a me, la mia vita, la mia felicità. Che d’un tratto non avrei trovato più un posto sicuro sulla faccia della Terra, che ero destinato a non essere mai più tranquillo e sereno.
Al liceo iniziai a prendere la metropolitana con regolarità, a Milano, e spesso non lo facevo tranquillamente. Talvolta sentivo l’impulso irrefrenabile di scendere alla prima fermata utile, dopo che un “tipo sospetto” era salito sulla mia stessa carrozza.

A 12 anni di distanza ci troviamo alle porte di un nuovo conflitto immotivato, che non porterebbe a nulla, se non a un altro «bel casino», chissà in quale anno, nel prossimo o remoto futuro. Quel giorno ha cambiato tutto e tutti, non si esagera mai parlandone in questi termini. Sono stati i terroristi a vincere, almeno su di me, che il terrore l’ho avuto per tanto tempo. Vinceranno ancora se dimentichiamo il fatto che quello che chiamiamo Occidente non è un paradiso terrestre immune a tutti i mali del mondo, ma, anzi, forse ne è il più grande produttore ed esportatore. Il terrore che per un giorno ha colpito i nostri “amici” è lo stesso che tutti i giorni attanaglia altre zone del pianeta, magari non esattamente “in our backyard”.

Non vuole esserci moralismo in ciò che ho scritto. Ho solo voluto raccontare la mia intima reazione a un evento storico così terribile, di come gli occhi di un bambino, forse un po’ troppo recettivo per la sua età, hanno filtrato e letto questa enorme tragedia e di come adesso quel bimbo cresciuto, sempre un po’ troppo sensibile, non voglia che altri bambini vedano le stesse immagini, in futuro.

Proteggiamo questi occhi per le belle ragazze che ci aspettano qua fuori, non per le vergini che ci attendono in Paradiso. Proteggiamo questi occhi per questa vita, non per quella che il buon Dio Padre, giudice, salvatore, che tutto può e nulla fa, ci riserva nell’Aldilà. Proteggiamo questi occhi e leggiamo la realtà senza pregiudizi, senza cadere vittima di qualche «spacciatore di lenti».